Ci sono due mercati della connessione.
Quando parliamo di digitalizzazione, dimentichiamo spesso che la tecnologia non è uno scopo ma solo un mezzo, un fattore abilitante. L’obiettivo è ovviamente portare dei servizi all’individuo e alla società. Siamo talmente abituati a usare il gergo dei provider che pensiamo che il “servizio” sia per antonomasia il servizio telefonico, o la connessione ad internet. Ma non è così, i servizi reali, quelli che creano valore per gli uomini e per il mercato, stanno a un livello più alto. Per citarne alcuni: la gestione dell’energia; la sicurezza; la sanità a domicilio e via discorrendo.
Vedendo l’argomento con quest’ottica, anche la tipologia di connessione può essere suddivisa in due grandi categorie:
- la prima riguarda la connessione degli individui e, dato che le persone sono mobili, il mezzo di comunicazione è principalmente in radiofrequenza. In Italia, semplificando, abbiamo 60 milioni di individui connessi, un mercato già maturo che, per ogni operatore, non può che ridursi all’ingresso di un nuovo concorrente;
- la seconda riguarda invece la connessione di aggregazioni di utenti, o utenti fissi non umani. Si parla principalmente di edifici, con particolare attenzione, ma non solo, a quelli di tipo residenziale collettivo. Questo mercato è pochissimo sviluppato in Italia ma, in altri paesi, si sta sviluppando enormemente e genera grandi profitti. Si pensi che funzioni come le comunità energetiche, o la ricarica condominiale dei veicoli elettrici, o i sistemi di sorveglianza collettiva usano proprio questo tipo di connessione.
Il requisito fondamentale è che l’edificio sia connesso.
Chiaramente, per abilitare queste funzioni di tipo principalmente legato alle strutture abitative, veri hub di servizi, è necessario che l’edificio abbia un impianto tutto suo, indipendente da quello degli individui. Una legge del 2014 (legge 164), poi raccolta da Testo Unico pe l’Edilizia (art. 135 bis), stabilisce l’obbligatorietà di una infrastruttura in fibra ottica passiva, cosiddetta ‘impianto multiservizio’, per sottolineare la generalità della funzione e la sua capacità di fornire supporto a servizi attuali e futuri. Il CEI ha pubblicato una guida, la CEI 306-2 citata dal suddetto TU, che spiega in dettaglio come si progetta questo impianto. L’obbligatorietà è prevista sempre per gli edifici nuovi, per quelli esistenti nel caso di un progetto da depositare. L’obbligo non è discutibile né aggirabile, il progetto dell’impianto va depositato nel SINFI, il catasto degli impianti, e il Tecnico Comunale deve accertarne la realizzazione, pena l’invalidazione dell’agibilità dell’edificio.
Più che sull’aspetto coercitivo, vorrei però richiamare l’attenzione sulla funzionalità, l’efficienza e la semplificazione che l’impianto multiservizio rappresenta, in quanto esso sostituisce una pletora di cablaggi separati costosi, ingombranti e difficili da manutenere: distribuzione del segnale televisivo (le antenne sui tetti sostituite da un unico ricevitore collettivo, senza cavi coassiali sulle facciate!); distribuzione del sistema di controllo accessi (videocitofono); distribuzione di telefonia ed internet (anche da operatori diversi) etc. etc.
I soldi per l’impianto multiservizio ci sono già.
Quando la Comunità Europea ha varato il progetto Digital Compass, lo scopo era ovviamente l’abilitazione, tramite la tecnologia digitale, dei servizi e della competitività delle nostre attività, non della semplice connessione in quanto tale. L’importanza di questi servizi ci è divenuta immediatamente chiara con il COVID, quando siamo stati obbligati a lavorare e studiare da casa, o a fruire dei servizi pubblici senza muoverci dall’edificio. Ma anche l’edificio stesso comincia ad usare servizi, per esempio quando si tratta di produrre energia, o di applicare delle politiche locali di gestione e di risparmio.
Se ne conclude che, per un ampio sviluppo di queste applicazioni, tale approccio infrastrutturale si deve estendere non solo agli edifici nuovi (1% del mercato) o ristrutturati (<1%) ma anche a quelli vecchi. In Italia gli edifici costruiti prima del 1975 rappresentano il 70% del patrimonio immobiliare.
Forti di questi numeri, possiamo trarre una conclusione: questi edifici costruiti secondo criteri obsoleti necessitano del rifacimento delle montanti elettriche, ormai ampiamente insufficienti per autoproduzione energetica, ricarica, condizionamento dell’aria, pompe di calore elettriche e via dicendo. Per questi adeguamenti si accantonano in bolletta dei fondi, da diversi decenni. Sulla base di questo fatto ARERA ha disposto una raccomandazione, a favore del rifacimento delle montanti ‘vetuste’, utilizzando questi fondi.
La nostra raccomandazione è quindi di fare i due interventi insieme: montante elettrica nuova e impianto multiservizio in fibra ottica, utilizzando i fondi disponibili da anni e anni per il rinnovo della parte energetica. Quello che costa è il cantiere, i permessi, gli spazi etc. Non sono certo i pochi euro della fibra ottica a fare la differenza. Stimiamo il costo finale del solo multiservizio in fibra in circa 300-350 euro per appartamento servito.
Se ci sono servizi condivisi, serve una capacità di calcolo.
Quando si parla di servizi locali, si parla di capacità di computazione locale. La gestione della priorità di ricarica dei veicoli elettrici nel parcheggio condominiale implica che ci sia, in qualche luogo delle parti comuni dell’edificio, una scatola in cui una unità di calcolo legga dei sensori, prenda delle decisioni e abiliti degli attuatori, fornendo poi dei rendiconti dell’attività svolta. Spesso si fa riferimento a questi oggetti con il termine di ‘edge computer’, dato che di solito si installano al confine tra la rete pubblica e quella a valle. Quindi un edge computer condominiale si connette all’impianto multiservizio, con la capacità di colloquiare con la rete pubblica, i sensori, gli attuatori e gli altri apparati condominiali, ed eventualmente con i singoli appartamenti. Allo stesso modo, un edge computer che supporta i servizi per un solo condomino, andrà installato a casa di quest’ultimo, ma in diretta comunicazione con l’impianto multiservizio.
Un edge computer per molti servizi.
Sullo smartphone abbiamo installate molte app, che vengono eseguite anche in parallelo. Nessuno penserebbe di avere un telefonino per eseguire una sola app, non sarebbe il massimo del risparmio e avremmo bisogno di tasche enormi. Allo stesso modo è bene che gli edge computer residenziali siano usati per tutti i servizi attuali e futuri, risparmiando spazio, costi e consumi, soprattutto negli edifici vetusti dove lo spazio non è stato previsto.
Per poter usare lo stesso computer per eseguire servizi diversi, bisogna però standardizzarlo, sia nelle risorse hardware che in quelle software. In questo modo chi sviluppa un servizio, una app per l’edge computer, sa come sviluppare il programma e come comunicare. Questo elemento è fondamentale: vogliamo che molte aziende competano per sviluppare servizi per i cittadini, distribuendo gli investimenti su milioni d’utenti e quindi garantendo prezzi bassi e remunerazione. Anche la qualità di un prodotto industriale è migliore e più controllata rispetto a un prodotto ad hoc, inevitabilmente più caro e meno verificato. Questi apparati possono essere oggetto di finanziamenti, in quanto parte essenziale dell’impianto e dei servizi che contribuiranno a gestire.
Per tutti questi motivi Smart Buildings Alliance Italia ha deciso di aprire un gruppo di lavoro sulla standardizzazione dell’edge computer per applicazioni residenziali. Invitiamo chiunque sia interessato a contribuire a questo importante avanzamento per il Paese, a raggiungerci in associazione e a contribuire ai lavori con la propria competenza.
Ing. Ernesto Santini, vicepresidente Smart Buildings Alliance Italia