Lo Smart Readiness Indicator è ormai ai blocchi di partenza. Uno strumento innovativo per misurare l’intelligenza di un edificio che inciderà sensibilmente anche sui valori immobiliari prossimi futuri. Fattori chiave il comfort, l’efficienza energetica, la flessibilità, l’interoperabilità e la connettività.

FONTE: Luca Baldin per Ingenio
https://www.ingenio-web.it/articoli/lo-smart-readiness-indicator-al-varo-l-indicatore-europeo-per-la-smartness-d-edificio/

La Direttiva Europea sul rendimento energetico nell’edilizia (EPBD- Energy Performance Building Directive 844/2018), revisionata il 19 giugno del 2018, ha modificato sostanzialmente l’approccio tradizionale dei Paesi dell’Unione al tema dell’efficienza energetica, introducendo il concetto di gestione “intelligente” degli impianti e dei consumi, ovvero promuovendo in modo convinto l’introduzione di tecnologie di building automation e control systems.


Che cosa è lo Smart Readiness Indicator (SRI)

Uno degli strumenti più importanti introdotti dalla revisione della Direttiva Europea è lo Smart Readiness Indicator (SRI), ovvero un indicatore unico condiviso da tutti i Paesi aderenti all’UE che ha come obiettivo la definizione di un metodo di calcolo per la classificazione del livello di “intelligenza di un edificio” sulla scorta di alcuni parametri.

L’introduzione dell’SRI ha alcune precise finalità, ovvero aumentare la consapevolezza dell’utente finale, ma anche di progettisti e real estate sui vantaggi di un edificio dotato di tecnologie in grado di consentirne una gestione in gran parte automatizzata degli impianti con le relative ricadute positive su consumi e comfort; ma anche dare forti motivazioni, anche economiche, ad un investimento degli stakeholder nelle tecnologie “smart”, sostenendone l’adozione.

Come nasce l’indicatore SRI

Il lavoro sull’SRI è stato avviato dalla Comunità Europea nel febbraio 2017, attraverso la creazione di un Consorzio di Ricerca con competenze trasversali nel campo dell’ICT, della fisica d’edificio, della valutazione ambientale ed economica che ha concluso i propri lavori nel settembre 2020 con la pubblicazione del Report finale che comprende sostanzialmente una metodologia per il calcolo dell’indice SRI basato su due livelli, quello completo (che comprende 54 servizi) e quello semplificato (che ne comprende 27).

Nel corso del biennio 2021-22 la Commissione Europea ha costituito un team di supporto tecnico agli Stati membri nella fase di testing e di eventuale implementazione di quanto previsto dal Consorzio di Ricerca in prima battuta, coinvolgendo, inoltre, alcuni importanti Istituti di ricerca con sede in Belgio, Irlanda, Francia e Lussemburgo, e lasciando piena libertà ai singoli Stati di sperimentare il nuovo indicatore attraverso progetti pilota, che si sono realizzati in Austria, Francia, Danimarca, Repubblica Ceca, Finlandia e Croazia.

L’Italia non rientra tra i Paesi che hanno aderito all’invito della Commissione di testare l’SRI attraverso propri progetti pilota, tuttavia ENEA in collaborazione con l’Università di Cassino ha prodotto uno studio che ha toccato due ambiti coerenti: l’analisi dello stock edilizio e impiantistico nazionale per valutare il potenziale di “smartness” del costruito esistente; e l’applicazione della metodologia di calcolo dello smart readiness Indicator (SRI) a diversi casi studio (categorie di edifici con impianti aventi diversi livelli di automatismo e di intelligenza) con una valutazione dei livelli SRI raggiungibili.
Gli ambiti applicativi dell’SRI

Gli ambiti applicativi dell’SRI si possono raccogliere entro cinque macro categorie:

  1. il Comfort, ovvero la capacità di modificare le prestazioni dell’edificio in relazione alle esigenze degli occupanti in modo sostanzialmente automatico, assicurando il mantenimento di condizioni microclimatiche interne ideali;
  2.  l’efficienza energetica, ovvero la capacità di gestire in modo automatizzato gli impianti di un edificio mirando al contenimento dei consumi, attraverso il loro costante monitoraggio e la massimizzazione dell’utilizzo di energia prodotta da fonti rinnovabili;
  3. la flessibilità, ovvero la capacità di un edificio di operare in un’ottica di “demand response”, ovvero di adattare la quantità di energia consumata alle reali esigenze, sfruttando al riguardo anche gli input provenienti dalla rete elettrica (per esempio modulandoli sulle diverse fasce orarie);
  4. l’interoperabilità, ovvero la capacità di mettere a sistema tutti gli impianti di edificio attraverso sistemi BACS avanzati in grado di gestire in modo intelligente il funzionamento complessivo dell’edifico, adattandolo agli input che provengono dall’esterno o dal suo utilizzo (nello specifico, impianti di climatizzazione, illuminazione, automazione, ventilazione, ma anche elettrodomestici e apparecchiature elettroniche connesse, ovvero tutto l’universo dell’IoT);
  5. connettività, ovvero l’essere connesso in modo efficace ed efficiente alla rete di comunicazioni e quindi all’esterno, ma anche disporre di una adeguata infrastruttura d’edificio abilitante all’adozione di qualsiasi servizio innovativo.

Lo Smart Readiness Indicator, il cui varo definitivo avverrà dopo la conclusione della fase sperimentale, andrà quindi a costituire uno strumento prezioso per valutare la corrispondenza di un edificio alle esigenze della contemporaneità, e si può presumere facilmente che una volta introdotto massicciamente, andrà ad influenzare potentemente anche il mercato immobiliare, così come, con le dovute proporzioni, l’indicatore di classe energetica ha modificato negli ultimi decenni il mercato degli elettrodomestici.