Senza un’adeguata comunicazione digitale, saranno impossibili molte delle funzioni dell’edificio, come il controllo dell’energia, la sicurezza e la ricarica dei veicoli elettrici. A livello politico si deve dunque comprendere che, in assenza di questa digitalizzazione dell’edificio, le iniziative previste nel PNRR resteranno sulla carta.
Se ne è parlato recentemente nell’evento “Summit for Territories”, organizzato dall’associazione Smart Building Alliance Italia (SBA) presso la sede dell’ANCE a Milano.

Molte delle funzioni dell’edificio sono ormai implementate digitalmente, o comunque supportate da tecnologie di comunicazione, e questa tendenza non accenna a fermarsi. Controllo dell’energia, sicurezza, ricarica dei veicoli elettrici, solo per fare qualche esempio, sarebbero impossibili senza una adeguata comunicazione digitale.

Tutto questo richiede ovviamente una adeguata infrastruttura di scambio veloce dei dati, che sia però appartenente all’edificio stesso e non solo ai singoli utenti.

Edificio: un hub di servizi

In virtù di questa logica, e in prospettiva evolutiva, l’edificio si ridefinisce oggi come hub di servizi, di cui l’accoglienza, la protezione e il confort sono storicamente i primi ed essenziali.

Quali servizi aggiuntivi possiamo già identificare?

Solo a titolo d’esempio: la misura e la gestione dell’energia; l’assistenza a domicilio; l’adeguamento e la manutenzione di strutture e infrastrutture; la viabilità; la distribuzione dell’acqua e del gas; la raccolta degli scarti; la fruizione culturale; l’istruzione; il commercio e il delivery; la socialità e la comunicazione…etc. E chissà quanti e quali altri nel futuro.

Vedere l’edificio come un insieme di risorse, accessibili in forma standardizzata e regolata, crea i presupposti per la nascita di un mercato nuovo di servizi per la persona e per la società, come è avvenuto per per le “app” degli smartphone.

Ovviamente è richiesta dell’interoperabilità a livello logico, con la definizione di “API” liberamente accessibili, ma il requisito di base resta sempre la connessione digitale veloce dell’edificio alla Smart City e alla Smart Grid.

La normativa europea

Per venire incontro a tali esigenze, i legislatori europei e italiani hanno da tempo definito degli obblighi impiantistici e un’architettura di riferimento.

I primi, tramite la direttiva UE 2018/1972, che istituisce il Codice europeo delle comunicazioni elettroniche, i secondi, tramite il decreto legislativo 207 dell’8 novembre 2021, n. 207, in vigore dal 24 dicembre scorso ed attuativo della suddetta direttiva europea, che prevede l’attestato da apporre all’edificio stesso, con la dicitura “edificio predisposto alla banda ultra-larga” (il famoso Bollino Blu).

Come tutte le direttive europee, ha carattere obbligatorio e ineludibile.

Norme in Italia

I legislatori italiani, però, si sono mossi bene e in anticipo sui tempi, in quanto già nel 2014 hanno pubblicato una legge, la 164, confluita poi in parte nel Testo Unico dell’edilizia e specificatamente nell’art. 135bis, che meglio definisce questa infrastruttura digitale, nota come “impianto multiservizio” in fibra ottica, e rendendola obbligatoria negli edifici nuovi o ristrutturati, i cui titoli edilizi siano stati rilasciati successivamente al luglio 2015; una tipologia di impianto che oggi costituisce idealmente il riferimento di stato dell’arte per tutti gli edifici.

Anche le norme tecniche hanno fatto la loro parte: il CEI, nella sua benemerita e competente opera di regolazione normativa e definizione dello stato dell’arte, ha fornito il supporto tecnologico alla legislazione citata, con la pubblicazione prima della Guida 306-22 e poi con la nuova 306-2.

Impianti digitali? L’Italia è lenta

Queste considerazioni sono particolarmente importanti dato che, senza contare l’inadempienza della legge (per la quale invochiamo dei controlli), ma solo rimanendo sul valore massimo teorico, il tasso di implementazione di questi impianti digitali veloci è troppo lento, scusate il bisticcio di parole.

Infatti l’edificio nuovo in Italia rappresenta circa l’1% del totale (il ristrutturato è ancora meno), quindi per un rinnovamento completo dovremmo, come minimo, attendere 100 anni. Non solo fra un secolo l’attuale tecnologia sarà indubbiamente insignificante, ma che facciamo, adesso, per colmare il divario digitale che ci affligge e che rende la nostra società inadeguata e ingiusta?

Ne deriva che bisogna puntare agli edifici esistenti.

Il ruolo della politica

Per ottenere ciò il discorso va spostato a livello politico, dove si deve comprendere che, senza un’opera di regolazione e di controllo efficace e lungimirante sul tema della connessione digitale dell’edificio (e non dell’utente di games o streaming o social, che è tutta un’altra storia), un progetto nazionale di ampio respiro, quale è stato in altri Paesi, gli slogan e le iniziative previsti nel PNRR, come ad esempio le comunità energetiche e la ricarica dei veicoli elettrici resteranno sulla carta, per impossibilità fisica di essere implementati.

Fonte originale, Ingenio-Web: https://www.ingenio-web.it/articoli/la-digitalizzazione-dei-servizi-nel-pnrr-e-la-necessita-di-una-visione-condivisa/