Di Luca Baldin

La filiera dell’installazione tecnica in Italia attraversa una fase critica: da un lato resta una dimensione produttiva di rilievo a livello europeo, dall’altro emergono segnali di contrazione, carenza di competenze e difficoltà ad adeguarsi all’evoluzione tecnologica. Secondo il un recente rapporto CRESME l’Italia si conferma tra i Paesi leader per valore della produzione impiantistica (circa 92,3 miliardi di euro), e nel 2023 il mercato dell’installazione ha superato il 27% del totale del valore della produzione nel campo dell’edilizia; numeri importanti che, tuttavia, non nascondono il fatto che il quadro congiunturale mostra rallentamenti e una previsione meno favorevole per i prossimi anni.

A queste criticità economiche si sovrappone un tema strutturale: la carenza di operatori qualificati e la frammentazione dell’offerta. Studi e analisi settoriali evidenziano una forte presenza di microimprese e una distribuzione territoriale disomogenea delle competenze tecniche, fattori che limitano la capacità del mercato di rispondere rapidamente a richieste complesse (in particolare per sistemi ad alta efficienza, pompe di calore, integrazione termica-elettrica e smart building). L’adeguamento delle competenze è quindi non soltanto un’esigenza produttiva ma una condizione per la resilienza del settore.

L’entrata in vigore dell’EPBD4 (la Direttiva europea sulle prestazioni energetiche degli edifici) aumenta l’urgenza: nuove norme su certificazione energetica, rinnovamento del patrimonio edilizio e requisiti minimi per sistemi e impianti richiederanno interventi tecnici più qualificati e una filiera capace di progettare, installare e manutenere soluzioni integrate e digitali. La complessità normativa e tecnologica accentua quindi il mismatch fra domanda di interventi “green” e offerta formativa/professionale esistente.

Per invertire la tendenza servono tre azioni concrete: investimenti mirati in formazione professionale e riqualificazione delle imprese (percorsi certificati per installatori di tecnologie efficienti), politiche industriali che favoriscano aggregazione e filiere verticali più robuste, e strumenti di accompagnamento normativo e finanziario che traducano le regole EPBD in opportunità concrete per artigiani e piccole imprese. Solo così il settore potrà trasformare la sfida della transizione energetica in un volano di occupazione qualificata e innovazione produttiva, divenendo oltretutto attrattivo per quei giovani che negli ultimi decenni hanno evitato accuratamente di considerare questa professione come appetibile, determinando una crisi gravissima nel turn over, testimoniata da dati inequivocabili, che vedono oltre la metà degli occupati attuali superare la soglia dei cinquant’anni e soltanto un drammatico 1% sotto la soglia dei trent’anni.

Una situazione ben chiara anche alla Commissione Europea che, non a caso, ha varato un piano per il reskilling del personale tecnico finanziato nell’ambito dei progetti LIFE e che ha visto premiata anche una cordata italiana, con capofila ENAIP (il progetto è stato denominato LIFE-SKEMA), impegnata nei prossimi quattro anni a ridefinire i parametri della formazione professionale avvicinandola alle reali esigenze del mercato.