Una riflessione sulla strategia italiana per digitalizzare il paese e sulle ricadute sul mondo degli edifici

 

Stiamo per affrontare uno dei periodi più importanti della nostra storia in termini di evoluzione ed aggiornamento tecnologico: il mondo sta cambiando molto velocemente, dal punto di vista nazionale dopo aver assistito al processo di mappatura delle infrastrutture (Infratel 2021) e delle consultazioni (47 gli operatori che hanno partecipato alla ricognizione) siamo arrivati al dunque con la definitiva apertura della stagione dei bandi 2022 per l’attuazione della nuova strategia italiana per la banda ultra larga.

 

E il modello su cui si baseranno i progetti al via sarà il co-investimento, ovvero consorzi e partnership per accelerare i cantieri, abbattere la burocrazia e portare a casa i fondi dell’Europa. Ma anche per consentire alle telco di ridurre i costi di esecuzione, tirare una boccata di ossigeno e provare a recuperare sui margini e fondamentalmente portare a termine un’opera di digitalizzazione del paese che aspettiamo come oro colato per garantire al nostro sistema paese un vero salto verso il futuro.

 

È opportuno comprendere da dove siamo partiti, cosa è stato fatto e cosa resta da fare, ma soprattutto come.
Il Piano Nazionale Banda Larga – volto a portare a tutti i cittadini la connettività broadband base, da 2 a 20 Mbps – è stato di fatto concluso.
Nato nel 2009 dall’esigenza di avere un’unica strategia nazionale per abbattere il digital divide, e rispondere al primo obiettivo dell’Agenda Digitale Europea, ovvero “garantire a tutti i cittadini una copertura del servizio di connettività a banda larga (almeno 2 Mbp)” sembra ridicolo oggi, ma all’epoca era un obiettivo sfidante. Dopo una serie di cambiamenti di rotta, gli obiettivi sono stati rivisti dalla Commissione nel marzo 2021 con la  comunicazione “2030 Digital Compass: the European way for the Digital Decade, che ha previsto per il 2030 connessioni gigabit per tutti e 5G ovunque.
Il nostro Paese, in ritardo sul tema digitalizzazione, ha alzato la posta con l’adozione della nuova Strategia per la banda ultra larga (maggio 2021) prevedendo di raggiungere una velocità di connessione delle reti fisse ad almeno 1 gigabit per secondo su tutto il territorio nazionale entro il 2026, in anticipo di ben quattro anni rispetto alle tempistiche Ue.

 

Quale connessione con il PNRR

 

La nuova strategia, in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, definisce le azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi di trasformazione digitale indicati dalla Commissione europea con la Comunicazione sulla Connettività per un mercato unico digitale europeo Gigabit Society e con la Comunicazione sul decennio digitale Digital Compass. In generale, le azioni da concretizzare sono sette, di cui due già in atto, ovvero il Piano aree bianche (infrastrutturazione aree a fallimento di mercato) e il Piano Voucher (incentivi alla domanda), alle quali si aggiungono il Piano “Italia a 1 Giga”, il Piano “Italia 5G”, il Piano “Scuole connesse”, il Piano “Sanità connessa” e il Piano “Isole Minori” (annotiamo che per quest’ultimo le gare sono andate deserte e l’argomento meriterebbe un approfondimento) .
Con il Piano Italia a 1 Giga si persegue l’obiettivo di sviluppare reti a banda ultra larga nelle zone del Paese in cui si registra una carenza di investimenti da parte degli operatori a causa di una minore redditività rispetto ad aree più profittevoli, nella logica di assicurare pari opportunità di crescita su tutto territorio nazionale.
Lo scopo è fornire connettività ad almeno 1 gigabit per secondo in download e 200 megabit per secondo in upload alle unità immobiliari che sono risultate non coperte da almeno una rete in grado di fornire in maniera affidabile velocità di connessione in download maggiore di 300 Mbps.

 

 

Il Gigabit per tutti non è quindi fantascienza e dopo quasi dieci anni di dibattito sul ruolo delle tecnologie wireless, su frequenze licenziate o meno, e sui criteri da adottare per consentire di utilizzare soluzioni sia cablate che wireless, il bando declina chiaramente il principio della neutralità tecnologica un concetto che l’associazione SBA ha a gran voce difeso e promosso fin dal giorno della sua neonata fondazione.  Sarà possibile utilizzare anche le soluzioni radio (con frequenze licenziate), aprendo la strada a soluzioni ibride che saranno verosimilmente basate da un lato su architetture FTTH (Fiber To The Home, con la fibra fino all’abitazione) e, dall’altro, reti FWA (Fixed Wireless Access) con frequenze 5G.
Inoltre, con la modifica dell’art.135-bis del Testo unico per l’edilizia, dedicato all’infrastrutturazione digitale degli edifici, ricorre l’obbligo di equipaggiamento digitale  attestato dall’etichetta necessaria di «edificio predisposto alla banda ultra larga».

 

 

Ci teniamo a sottolineare che per supportare i protocolli di comunicazione 1Gigabit le infrastrutture di prossimità dovranno essere realizzate alla regola dell’arte secondo le normative vigenti da personale tecnicamente preparato e le stesse dovranno rispondere a requisiti di qualità e prestazioni certificate da enti preposti a confermare la qualità del servizio e delle infrastrutture= auspichiamo quindi edifici cablati con reti multiservizio certificate come descritti  dalla guida CEI 306-2 e del loro utilizzo non solo negli edifici nuovi e ristrutturati (come prevede già l’art. 135 bis del TU dell’edilizia), ma in tutti gli edifici italiani, non solo come infrastruttura per la diffusione della banda ultra-larga, ma abilitante per tutti i nuovi servizi digitali che stanno coinvolgendo sempre più il settore immobiliare.

 

 

 

La corsa contro il tempo comincia subito

 

 

 

Interviene il Presidente, Domenico Di Canosa:

 

 

 

Oggi in Italia ci sono circa 1,2M di condomini, ma quanti sono stati realmente cablati fino ad ora? Molto probabilmente ne dovremo cablare diverse centinaia di migliaia entro il 2026, e non dimentichiamo che per ogni appartamento dovremo intestare 4 fibre ottiche, per ogni edificio garantire connessioni wireless+il backhaul… quanti milioni di km di fibra dovremo posare ancora nelle strade italiane? Come? Quante giunzioni, intestazioni permutazioni connessioni dovremo fare?
Quanti tecnici qualificati esistono in Italia per eseguire materialmente questi lavori?
Quanti tecnici qualificati esistono in Italia per eseguire le certificazioni dei sistemi installati? Si sta aprendo un nuovo mercato del lavoro? Chi si vuole qualificare può farlo rapidamente? Se si come? Come si possono convincere i cittadini che, visti gli incentivi, è opportuno avviare i lavori quanto prima? Quanto si deprezzerà un appartamento se non infrastruttrato? E se invece l’infrastruttura si apprezza quali altri servizi potremo veicolare grazie alla BUL? Perchè? Che servizi abiliterà la FO in casa della signora Maria a parte “internet”?

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Attraverso l’eterogeneità dei suoi membri, la Smart Buildings Alliance intende riunire le competenze di aziende leader nei mercati dell’energia e delle costruzioni, automazione e controllo di edifici, servizi, sviluppo immobiliare e costruzione, tecnologie dell’informazione e della comunicazione per accelerare collettivamente lo sviluppo di edifici intelligenti. E rispondere concretamente alle domande del mercato.